Si è spento oggi a Roma, all’età di 81 anni, don Peppino Masala, parroco storico di Santa Teresa Gallura. Ricoverato all’Ospedale Gemelli, don Peppino è tornato alla Casa del Padre lasciando un grande vuoto nella comunità che ha servito con umiltà e dedizione.
Nato a Castelsardo il 16 maggio 1943, fu ordinato sacerdote il 28 giugno 1969 dal vescovo Giovanni Melis Fois. Dopo diverse esperienze pastorali, nel 1994 fu nominato parroco della chiesa di San Vittorio in Santa Teresa Gallura, dove per oltre trent’anni è stato presenza costante e punto di riferimento per intere generazioni.
Le esequie si terranno sabato mattina a Roma, mentre domenica 4 maggio, alle 16, verrà celebrata una messa esequiale anche nella cattedrale di Castelsardo, sua città natale e luogo della sua ordinazione.
Don Gianni Satta, parroco della parrocchia di San Paolo di Olbia e confratello di don Peppino lo ricorda con queste parole cariche di fede, silenzio e gratitudine per un confratello che ci lascia un’eredità preziosa
Come passa la morte di un confratello, insieme alla preghiera personale?
C’è tempo da perdere? Sì c’è tempo da perdere nel segno dell’assoluta gratuità, e nella nuda fede, come è stata la vita di don Peppino. Don Peppino è stato un prete, conciliare, della prima ora. Lo possiamo dire? Un bell‘esempio di presbitero da sempre. Dall‘inizio del ministero ad Olbia nella popolosa e popolare parrocchia della Sacra Famiglia, ad esempio 1) credendo che il sacerdote dovesse vivere con il proprio lavoro senza ricadere sulla comunità. Poi, fu inviato alla periferia dell’impero, nel borgo di San Francesco di Aglientu, a fare, allora, il parroco tra poche persone, prima dell’avvento del turismo. Lì studiò, si laureò, insegnò lettere alle Superiori e divenne anche preside dell‘Istituto tecnico di Palau. Da parroco di Santa Teresa, promosse la pastorale del turismo, anche diocesana. Molto vicino alla gente, di cui conosceva e amava la cultura del mare. Utilizzò al meglio il tempo, nel ministero e nell‘insegnamento. 2) Ha arricchito, con una spiccata sensibilità, artistica la comunità, anche nella crescita culturale, dotando la comunità e il paese di 3 pale d’altare di una delle migliori pittrici sarde: Liliana Cano. Alla fine degli anni 80, abbiamo trascorso le ferie estive insieme, andando in auto, dalla Sardegna per vari anni in Polonia, nella Cecoslovacchia, nella Romania, nella Juvoslavia. Insomma nei paesi dell‘Est durante il comunismo con certo rischio…così ha collezionato, acquistando, innumerevoli icone dell’Ortodossia. Le ha fatte restaurare e spesso le ha concesse per esposizione e studio in iniziative della nostra Diocesi e delle parrocchie. Si è trattato non di semplici investimenti finanziari ma artistici-culturali. Soprattutto, di preziose testimonianze vive e reliquie di fede. Un Indiana Jones, antelitteram.; 3) la cosa più importante: come ha vissuto la sofferenza, personale e familiare. Ci ha dato come uomini e come sacerdoti, una lezione di stile, di riservatezza, se no, di silenzio e di fede, per le molte prove di un corpo sottoposto a molteplici interventi sostenuti. Il male che si accanisce; esposto a una violenza insensata. Spesso immerso in una violenza intraducibile come Giobbe. E Giobbe in ebraico, come sappiamo, vuol dire: dov‘è il padre? Può Dio redimere il dolore? Giobbe messo a dura prova dalla sofferenza che lo invade insiste nel voler incontrare Dio: L‘Onnipotente mi risponda! (Gb 31,38). Se Giobbe/don Peppino perde tutto, non perde la propria fede ma scopre che è la fede a essere tutto. Buon viaggio Peppino