In occasione della Commemorazione dei fedeli defunti 2025, il vescovo mons. Roberto Fornaciari ha invitato i fedeli a riflettere sul mistero della morte e sul valore della speranza cristiana. In un tempo in cui la società tende a rimuovere il pensiero della fine, il vescovo ha ricordato che proprio nella consapevolezza della morte si apre la via alla ricerca del senso della vita e alla fede nella risurrezione.
Ecco l’omelia integrale:
Fratelli e Sorelle,
Sappiamo bene che da anni viviamo in un contesto culturale che della morte non vuol più saperne. E che fa di tutto per rimuoverla quanto prima, per spingerla in una questione privata, quasi che sia una realtà da nascondersi. Nello stesso tempo è più forte che mai una sete di infinito, di eternità, di qualche cosa che dia una risposta ultima.
Se da una parte, vogliamo evitare di essere testimoni della morte, che tuttavia continua ad essere presente nelle nostre vite familiari, nelle nostre relazioni, nello stesso tempo alziamo gli occhi verso quel cielo che ci sembra tanto distante, quel cielo che sembra aver ingoiato i nostri cari, quel cielo che per altri è insignificante e vuoto.
E invece è proprio la morte che ci permette di cercare una direzione verso cui camminare, di cercare un senso alla vita. Infatti la morte è l’unica direzione (senso di marcia) della vita che non possiamo mutare, perché la vita va verso la morte.
Un tempo si insegnava a prepararsi a morire, a prepararsi all’evento finale del vivere, la morte. Nell’esercizio spirituale della memoria mortis c’era una tristezza, quella di dover morire; c’era il timore di Dio (cosa diversa dalla paura!), per il suo giudizio che è misericordia ma anche giustizia; c’era la consolazione per l’incontro definitivo con il Signore, la vita eterna.
Nella memoria della morte occorreva soprattutto esercitarsi a pensare che il proprio morire deve essere «un atto».
C’era una saggezza in tutto questo perché ora, che non facciamo più esercizi meditativi come questo, rischia di rimanerci solo il silenzio della morte, un silenzio che domanda, che rappresenta uno strappo che continua a bruciare. È un vuoto che ci costringe a guardare più a fondo, più giù in noi stessi, più in alto verso i nostri cari che ci sono stati strappati. Ma non possiamo pensare di averli persi. Infatti abbiamo sentito una parola di profonda speranza dal vangelo di Giovanni: Gesù ci dice che nulla e nessuno andrà perso, che in lui ogni cosa viene salvata, sarà cioè scampata dalla morte.
Lui è disceso dal cielo perché il cielo si avvicinasse a noi, per rendercelo accessibile, perché non esistano più separazioni. Gesù è stato inviato dal Padre nel mondo per compiere la sua volontà, perché quanti aderiscono a lui abbiano la vita eterna e siano resuscitati nell’ultimo giorno.
Potremmo dire che è venuto a farci guardare più in alto, più su; a farci scoprire che c’è un punto d’incontro tra cielo e terra, un punto in cui si abbracciano, dove si fondono l’uno nell’altro e scompaiono i confini.
Non possiamo che balbettare qualcosa a riguardo della vita futura. Il pensiero della vita eterna è fonte di luminosità e ci consente di trapassare il buio e una certa pesantezza legata ad alcuni momenti della vita. Vorrei che tutti noi andassimo a queste riflessioni e vorrei che essa diventasse gioia sul nostro volto. In questo modo potremo guardare nella luce dell’eternità tutto ciò che è vita: in primo luogo gli altri, in particolare coloro da cui abbiamo ricevuto questa vita nel senso biologico, i nostri genitori; i nostri parenti; coloro a cui abbiamo donato la vita, e cioè i nostri figli; i nostri amici; e infine anche la natura, l’arte, la musica, l’amore.
La vita è insidiata ogni giorno dal peccato che porta con sé la morte. Ma nel mistero di Cristo la vita è vincitrice, in grazia della sua risurrezione.
«Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno».
Questa parola di Gesù ci offre una speranza grande. E abbiamo bisogno tutti di speranza per riuscire a vivere, perché nessuno di noi vive solo del presente, di quello che oggi siamo o facciamo, viviamo sempre un po’ tutti anche del futuro, con dei sogni, delle attese e con dei progetti. Ci deve sempre essere qualche cosa davanti che ci attira e motiva il nostro cammino nella vita, il nostro impegno e la fatica di vivere. Naturalmente tutto quello che il Vangelo vuole annunciare è una speranza che rimane solida, anche di fronte ai fallimenti e all’esperienza della debolezza e anche di fronte alla morte.
Abbiamo ascoltato dalla lettera ai Romani: «La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Lo Spirito santo, il maestro interiore, ascoltiamo la sua voce, lasciamo che parli dentro di noi, seguiamo il suo consiglio, riceviamo la sua forza, camminiamo nella sua sapienza.
+ Roberto Fornaciari
