Gio. Dic 5th, 2024

Don Giorgio Diana alla prima Messa di don Cosma: “Cristo Re bussa al cuore, sii segno di speranza per il suo regno”

Nel giorno della solennità di Cristo Re, ultima domenica dell’anno liturgico, don Cosma ha celebrato la sua prima Santa Messa, un evento ricco di significato spirituale. L’occasione è stata impreziosita dall’omelia di don Giorgio Diana, direttore dell’Istituto Euromediterraneo e parroco di Porto Cervo, che con parole intense ha accompagnato il giovane sacerdote nel suo nuovo cammino.

Don Giorgio ha invitato l’assemblea a riflettere sul regno di Cristo, un regno che si manifesta non con la forza, ma nell’amore che attende di essere accolto liberamente. Riprendendo l’immagine evocativa del quadro “Cristo, luce del mondo” di William Holman Hunt, ha descritto Gesù che bussa alla porta del cuore umano, una porta che può essere aperta solo dall’interno, richiamando ciascuno alla responsabilità di accoglierlo.

Rivolgendosi a don Cosma, don Giorgio lo ha esortato a mettere Cristo al centro di ogni scelta, diventando testimone autentico del suo Vangelo. Con un richiamo alla sua prossima missione a Luras, ha sottolineato l’importanza di essere segno di speranza per la comunità, bussando con cordialità alle porte dei cuori e portando il messaggio di pace e giustizia che caratterizza il regno di Dio.

Cari fratelli e sorelle!

Oggi celebriamo con gioia la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo, ultima domenica dell’anno liturgico.

Caro don Cosma!

Tu celebri la tua prima santa Messa proprio nel giorno della festa di Cristo Re. Il ricordo di questo giorno rimarrà indelebile nella tua memoria.

Che Cristo sia re, e re dell’universo, non dipende da noi, non siamo stati noi ad averlo eletto o incoronato re. Che Egli sia re, e re dell’universo, è un dato di fatto, rivelazione di Dio. Gesù dice di sé stesso, nel vangelo secondo Giovanni: «Io sono re». Egli è il Figlio unigenito di Dio. Il Padre ha creato l’universo attraverso il Figlio, il Logos, il Verbo, la Parola sapiente. Egli è il Figlio dell’Uomo, che verrà nella gloria, alla fine dei tempi, per giudicare tutti, i vivi e i morti, secondo un giudizio di giustizia e di misericordia, di verità e di carità; e tutto l’universo sarà ricapitolato in lui.

Ciononostante, esiste un solo punto dell’universo in cui Cristo non è necessariamente il re.

Nel quadro del pittore preraffaellita William Holman Hunt, intitolato “Cristo luce del mondo”, il Signore Gesù porta una corona sul capo e un manto sontuoso: è Cristo re. Egli ha lasciato il palazzo reale e con una lanterna accesa raggiunge una casupola povera e sporca, poiché davanti alla porta ci sono delle sterpaglie, che esprimono trascuratezza. Cristo re non abbandona i paludamenti regali, ma non ha paura di sporcarsi. Ha un solo obiettivo: bussare alla porta. Un dettaglio ci commuove: la porta non ha la maniglia esterna, ma solo quella interna.

In Gesù Cristo, Dio si fa uomo, ma galantuomo. Bussa alla porta del nostro cuore, non la sfonda. Interpella la nostra libertà, perché egli ci ama ed è interessato al nostro amore. L’amore, però, è per sua natura libero: si offre, si dona, non s’impone, altrimenti non sarebbe amore, ma orribile violenza. Egli, bussando, spera che noi scegliamo liberamente di aprirgli e di accoglierlo in casa, per abbracciarlo e far festa con lui. «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me».

Caro don Cosma!

Cristo re è alla porta del tuo cuore, del mio cuore, del nostro cuore; sta bussando, vorrebbe entrare, ma dipende da noi se vogliamo aprirgli e accoglierlo nella nostra vita, la maniglia è interna. C’è un solo punto dell’universo in cui Cristo non è necessariamente il re: il nostro cuore, la nostra anima, la nostra coscienza, la nostra vita. Siamo noi che dobbiamo scegliere se vogliamo incoronarlo re del nostro universo, della nostra esistenza. Sei tu, prete, siamo noi, preti, in particolare, che dobbiamo scegliere, ogni giorno, ogni mattina, se vogliamo che Cristo sia al primo posto, al centro dei nostri pensieri, sentimenti, parole, scelte, azioni, relazioni, al centro del nostro universo. Allora, potremo portare Cristo agli uomini e gli uomini a Cristo; perché, in fondo, è solo questo che Gesù vuole da noi e che la gente si attende, o può pretendere, da noi. Allora, avrai, avremo, l’umiltà e il coraggio di bussare alla porta delle case e del cuore dei nostri fratelli, con rispetto e affetto, per provare a condividere il nostro unico tesoro: Gesù Cristo e il suo vangelo.

Un ultimo spunto di riflessione. Cosma, tu, come cristiano e come prete, sei chiamato ad attendere e ad affrettare la venuta del regno di Dio in mezzo a noi. Sei al servizio del regno che germoglia su questa terra, ma si compirà in cielo. Dice Gesù nel vangelo secondo Giovanni: «Il mio regno non è di questo mondo». Le tentazioni di Gesù nel deserto, quelle propinate dal Grande Inquisitore di Dostoevskij, le tentazioni dell’avere, del volere e del valere, come le definiva Paul Ricoeur, o, più semplicemente, del denaro, del potere e del successo o del riconoscimento sociale, sono le normali dinamiche del regno di quaggiù. Il punto è che noi cristiani siamo nel mondo, ma non siamo del mondo. Siamo pellegrini sulla terra, ma cittadini del cielo. Noi apparteniamo al regno di lassù; per noi l’essenziale è invisibile agli occhi; noi pensiamo che ci sia più gioia nel dare che nel ricevere, che i beati siano i poveri e non i ricchi; noi crediamo che la morte non sia un confine invalicabile, ma un orizzonte oltrepassabile. Sii anche tu, come Gesù, segno di contraddizione, perché il regno che servi non è di questo mondo.

E ciò non ti distrarrà dall’attenzione nei riguardi del mondo che ami e che Dio ama ancora di più. Al contrario, il lievito della speranza farà fermentare la massa, il sale della carità insaporirà la terra, la luce della fede illuminerà il mondo e, inspiegabilmente, cominceranno ad arrivare cieli nuovi e terra nuova, già sotto questo cielo e su questa terra. Sarai felice, perché costruttore di pace; sarai beato, perché operatore di giustizia; ti rallegrerai, perché avrai usato e insegnato a usare misericordia.

Domenica prossima, con la prima domenica d’Avvento, comincerà un nuovo anno liturgico: un nuovo inizio, una nuova vita. Per te, questo nuovo inizio, questa nuova vita si chiama “Luras”. Lì troverai case e cuori a cui bussare, con la cordialità che ti contraddistingue. Con don Andrea, porterai Gesù ai parrocchiani e i parrocchiani a Gesù, in questo modo farai felici tanti, su questa terra e in cielo. Lì sarai segno di contraddizione, perché il regno che servi non è di quaggiù. Tanti capiranno e ti sosterranno, forse qualcuno non capirà, “che cosa importa? Tutto è grazia!”. A Luras imparerai, insegnerai e aiuterai a trasformare il mondo con la forza dell’amore sempre più grande e sincero.

La vergine Maria, N. S. de La Salette e del Rosario, ti accompagni nel cammino del tuo ministero, ovunque il Signore vorrà, e non sarai mai solo, perché chi crede non è mai solo.

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