C’è un tempo in cui i sogni tornano a respirare,
in cui la gioia si fa cammino e la speranza prende voce. È il tempo dei giovani, di chi crede ancora che la felicità si possa imparare, passo dopo passo, in una scuola speciale: quella del cuore, dell’amicizia e della fede. Con questo spirito nasce “A scuola di felicità”, la Festa Diocesana dei Giovani che si terrà il 23 novembre a Cannigione, nella parrocchia di San Giovanni Battista, in occasione della XL Giornata Mondiale della Gioventù. Un appuntamento atteso, pensato per incontrarsi, condividere, pregare e riscoprire la bellezza di essere comunità. La locandina dell’evento parla da sola: colori luminosi, sorrisi, entusiasmo. Un invito a entrare in una scuola senza banchi né voti, ma con un’unica grande lezione da imparare: che la felicità è un dono che cresce solo se condiviso. Il programma prevede, la sera del 22 novembre, un momento di fraternità per i giovani over 18 con possibilità di pernottamento; la domenica, invece, sarà dedicata ai giovanissimi e adolescenti, con attività, riflessioni, giochi e la celebrazione della Santa Messa. Ospite della giornata sarà Dario Reda, formatore e testimone di fede, insegnante di scienze motorie in istituti del Padovano, attivo sui social e nei contesti giovanili che unisce la passione per lo sport (corsa e ciclismo) a un linguaggio semplice e diretto, pensato per avvicinare i ragazzi al Vangelo e alla riflessione,
pronto a dialogare con i ragazzi e a guidarli in un percorso di scoperta e interiorità. Per comprendere più a fondo lo spirito di questa iniziativa e ciò che la Pastorale Giovanile diocesana desidera trasmettere, abbiamo intervistato don Davide Mela, che da diverso tempo accompagna con passione i giovani nel loro cammino di fede. Don Davide, ci accoglie, non solo con la voce ma con la sua consueta disponibilità e il sorriso che si percepisce dalle parole. Entusiasmo, energia e tanta voglia di fare trapelano in ogni frase: la sua è una pastorale viva, che profuma di incontri, di strada e di speranza.
– Don Davide, come nasce il titolo “A scuola di felicità”?
“Il titolo è stato scelto insieme all’ospite della giornata, Dario Reda, ed è nato da un desiderio comune: quello di proporre ai ragazzi un’esperienza che non sia solo un incontro, ma un cammino vero e proprio.
Abbiamo scelto la parola scuola perché rappresenta un luogo di vita e di crescita, dove ci si mette in gioco, si ascolta, si sbaglia, ma si impara. In fondo, la felicità non è qualcosa che si trova per caso, ma un percorso da costruire con pazienza, tra relazioni, momenti di gioia, fatica e riflessione.
Vogliamo che i giovani comprendano che la felicità è un’arte che si impara nel quotidiano, nella semplicità dei gesti, nel dono di sé e nella scoperta dell’altro. È una palestra del cuore, dove si allenano l’ascolto, la fiducia e la speranza. In questa scuola non ci sono cattedre, ma volti; non ci sono compiti, ma incontri. E ogni incontro diventa una lezione di vita.”
– Perché avete scelto proprio Dario Reda come ospite?
“Abbiamo sentito Dario vicino al nostro modo di intendere la pastorale giovanile. È una persona che vive ciò che annuncia: la sua è una fede maturata nel tempo, passata attraverso esperienze di ricerca, di dubbi e di grazia. Ci ha colpito la sua capacità di comunicare con i giovani senza “predicare”, ma dialogando, partendo dalla vita concreta.
Racconterà la sua storia, il suo incontro con Dio avvenuto in età adulta, un incontro che gli ha cambiato lo sguardo e la direzione della vita.
Durante la festa non sarà un semplice “relatore”, ma un compagno di viaggio che parlerà con i ragazzi, li ascolterà e li provocherà con domande che toccano il cuore: “Cosa ti rende davvero felice?”, “Per chi stai vivendo?”.
Credo che i giovani abbiano bisogno di adulti che non si presentino come maestri, ma come testimoni, persone che hanno conosciuto la fragilità, che sono cadute e si sono rialzate. Solo chi è passato attraverso la prova può parlare di speranza in modo credibile. E Dario è uno di questi adulti coraggiosi di cui i nostri ragazzi hanno tanto bisogno.”
– Quali sono oggi le sfide e le speranze della Pastorale Giovanile diocesana?
“Le sfide sono tante. Viviamo in un tempo in cui i giovani hanno mille stimoli, ma spesso faticano a trovare un punto di riferimento stabile. Come equipe, stiamo cercando di offrire loro esperienze concrete, spazi di confronto, momenti di preghiera ma anche di leggerezza, dove si sentano accolti e liberi di essere sé stessi. Non abbiamo paura di metterci in gioco, anche quando non abbiamo tutte le risposte.
Crediamo nel valore dell’ascolto e della presenza. Ci sono momenti in cui ci sembra di seminare nel buio, ma sappiamo che ogni seme, anche il più piccolo, prima o poi darà frutto.
E poi ci sono le famiglie, che giocano un ruolo fondamentale: molte sono presenti e partecipano con interesse, altre le raggiungiamo proprio attraverso i figli. Quando un ragazzo torna a casa con un sorriso, con una parola che lo ha toccato, porta con sé un piccolo raggio di luce che spesso arriva anche ai genitori.
È così che la pastorale diventa contagiosa, che la speranza si allarga e costruisce comunità.”
– C’è un’immagine che rappresenta il vostro modo di operare?
“Mi piace paragonare il nostro lavoro a quello del pescatore che getta le reti. Il pescatore non sa mai cosa raccoglierà, ma ogni volta lancia le reti con fiducia, perché sa che il mare può sorprenderlo. Anche noi, nella pastorale, viviamo così: gettiamo le reti del Vangelo, della speranza, dell’incontro. A volte il mare sembra vuoto, ma poi arrivano segni che ci dicono che ne vale la pena: un ragazzo che si apre, una famiglia che si riavvicina, un gruppo che cresce. La pastorale è questo: gettare reti, creare legami, offrire occasioni per incontrarsi e riconoscersi. E anche quando arrivano i fallimenti, non dobbiamo scoraggiarci. Anzi, spesso è proprio nei momenti di fatica che si sperimenta la forza dell’accompagnamento.
Il fallimento, se accolto, diventa un passaggio di grazia, un punto di ripartenza per tutti.”
– Qual è il messaggio che desidera lasciare ai giovani in vista della festa?
“Vorrei dire loro di non avere paura di cercare la felicità vera, quella che nasce dal dono e dall’incontro. Viviamo in un mondo che promette felicità facili e immediate, ma la felicità autentica richiede tempo, ascolto, cammino. Li invito a fidarsi della vita, a guardare in alto, a non chiudersi. Dio cammina con loro, anche quando non se ne accorgono.
E a noi adulti, chiedo di non stancarci di accompagnarli: i giovani sono la nostra speranza, ci chiedono autenticità, coerenza e amore.
La Pastorale Giovanile è all’opera, forma, ascolta, accoglie, semina. Gettiamo semi di gioia, di amicizia, di Vangelo, con la certezza che un giorno germoglieranno. La felicità, in fondo, è questo: camminare insieme, con fiducia, nella luce del Vangelo.”
Dalle parole di don Davide Mela emerge una pastorale fatta di ascolto, di fiducia e di coraggio.
“A scuola di felicità” non sarà soltanto una festa, ma un’esperienza di incontro, crescita e fede, un buon momenti da cui ripartire. Una scuola che non assegna voti ma regala sorrisi, dove la lezione più bella è quella dell’amore condiviso. Perché, come ricorda don Davide, la felicità non si insegna con le parole:
si impara vivendo, amando e lasciandosi amare.
Le adesioni alla Festa Diocesana dei Giovani “A scuola di felicità” sono aperte fino al 15 novembre.
Possono partecipare tutti i ragazzi, adolescenti e giovani della diocesi, accompagnati dai loro educatori e sacerdoti.
Chi desidera iscriversi può farlo rivolgendosi al proprio parroco o contattando direttamente l’equipe di Pastorale Giovanile all’indirizzo giovani@diocesitempioampurias.it.
Per ulteriori informazioni è possibile chiamare don Davide Mela al numero 347 671 4784.
Un invito, dunque, a non lasciarsi sfuggire questa occasione di incontro, amicizia e fede: una giornata per ritrovarsi, per vivere un’esperienza autentica di gioia condivisa e speranza che si rinnova e imparare insieme la meravigliosa arte della felicità.
Antonella Sedda
