In un fine settimana segnato da un clima autunnale, alcuni rappresentanti della nostra Chiesa diocesana hanno vissuto nel dialogo il tempo del tirare le somme.
Nell’ascolto e nel confronto, nella partecipazione, ho colto stati d’animo che mi spingono a scrivere un’impressione che ritengo non sia solo soggettiva: la Diocesi appare in cammino sì, ma in salita.
Dagli interventi sintesi del cammino compiuto nella quattro Foranie, emerge un dato che dovrebbe spingere, quanto prima,verso un cambio di rotta: la maggior parte delle parrocchie non si avvale del Consiglio parrocchiale. Se c’è un luogo che più di altri è artefice di sinodalità, è proprio il Consiglio parrocchiale, che non è un consiglio né consultivo né deliberativo, ma testimonianza viva della azione annunciatrice del Vangelo da parte della Comunità cristiana in un determinato territorio. La sua mancanza, al contrario, può solo comunicare la fatica di camminare insieme; di sapersi attendere, come gli apostoli Pietro e Giovanni, per poi vedere e credere insieme.
Dagli interventi assembleari e nei quattro gruppi è ancora emersa l’esigenza non nuova, ma da diverse decine d’anni continuamente riproposta, di formare un laicato capace di corresponsabilità, di collaborare nei vari servizi pastorali con i pastori alla guida delle comunità. Questa, un’altra carenza o meglio deficit che dovrebbe preoccupare, perché un laicato non formato, secondo una ecclesiologia sempre e comunque in ascolto dello Spirito e dei segni dei tempi, non sarà in grado, da qui nei prossimi anni, di essere lievito e sale nelle parrocchie dove non sarà più residente il pastore. Il futuro prossimo dovrà vedere in azione laici, facenti parte anche dei Consigli parrocchiali, che esercitano i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato perché non manchi il pane della Parola e della Comunione, dell’annuncio e della carità.
Non si può far finta di non aver visto lo scarso numero dei partecipanti a questa importante tappa, nonostante le tante realtà diocesane e il percorso compiuto, a partire dai presbiteri. A riguardo, è evidente che il tempo del Sinodo non è stato sufficiente, non ha coinvolto, motivato, non ha toccato i cuori, non ha aperto le coscienze a esami seri e a conversioni di passi.
Dunque, la nostra Chiesa diocesana appare come stanca e seduta, rassegnata e comodamente appagata nell’accontentarsi della pratica pastorale quotidiana. Allora, è chiaro, e non potrebbe non esserlo, che la nostra Diocesi è in sofferenza, in ritardo rispetto alle sempre più incalzanti istanze provenienti dai radicali mutamenti culturali, antropologici e socio-religiosi in gran velocità in questi ultimi anni.
Però, se ci sono ombre vuol dire che, insieme, ci sono anche luci, segni di un fermento in atto, in Comunità nella quali contemplando il Signore crocifisso si intravede la luce della Risurrezione. Forse, è giunto il tempo, ed è questo, di recuperare le categorie bibliche e teologiche di piccolo resto, che esclude l’ansia della conta, del buon lievito che fermenta tutta la pasta, del seme che cresce nel nascondimento e nella attesa. Forse, mai come ora, occorre la pazienza e la saggezza dei piccoli passi, l’ascolto e la celebrazione dei due di Emmaus, avere il coraggio di abbandonare vecchie abitudini, modalità e strutture che nulla producono, una pastorale ordinaria che non reca alcun frutto.
Anche la nostra Chiesa locale è chiamata a essere lievito di pace e di speranza per un presente e un futuro che tanto necessita della bussola del Vangelo, del cammino di chi a due a due va e annuncia, di pastori che perdendo sicurezze acquistano la credibilità contagiosa della testimonianza evangelica. Sì, vero, un cammino in salita, ma possibile!
Don Sandro Serreri
