Domani è Pentecoste. Una festa potente e silenziosa, come il soffio dello Spirito che l’ha generata. Cade cinquanta giorni dopo la Pasqua, ma è molto più di una semplice ricorrenza liturgica: è la nascita della Chiesa, la rivelazione di una forza che parla tutte le lingue, che supera ogni confine e raggiunge ogni cuore. Nel Cenacolo, i discepoli erano chiusi per paura. Un piccolo gruppo di uomini e donne, smarriti, confusi, forse rassegnati. Eppure, su quella fragilità scende il fuoco. Non un fuoco che brucia, ma che illumina e trasforma. Lo Spirito Santo irrompe come vento impetuoso e spalanca le porte. Dà voce a chi era muto, coraggio a chi tremava, annuncio a chi non sapeva parlare. Pentecoste è il tempo della Chiesa che esce. È la risposta divina alla paura umana. Non è una forza che impone, ma che propone. Non domina, ma accompagna. Non costringe, ma invita. Ed è proprio questo Spirito che ancora oggi continua a soffiare, anche quando le comunità sembrano stanche, le vocazioni rare, le certezze smarrite. Lo Spirito non appartiene al passato. Non è un ricordo sacro da commemorare, ma una Presenza viva da riconoscere. Soffia nelle famiglie che si amano, nei giovani che cercano senso, nei nonni che tramandano la fede con gesti semplici. Soffia anche nelle ferite della Chiesa, per guarire e rigenerare. Soffia in ogni cuore che si lascia toccare dalla Grazia. In un mondo che spesso grida senza ascoltare, Pentecoste ci insegna il linguaggio dell’intimità con Dio e dell’accoglienza verso l’altro. Lo Spirito non crea divisione, ma unità. Non annulla le differenze, ma le armonizza. Per questo il miracolo delle lingue non è solo un fatto straordinario, ma un messaggio attuale: possiamo comprenderci se ci lasciamo guidare dall’Amore.
Lasciamoci toccare da quel fuoco che purifica senza distruggere, che accende sogni, risveglia coscienze e anima la speranza. Pentecoste non è un punto di arrivo, ma un inizio. È Dio che ci manda, ancora una volta, nel cuore del mondo, con la forza mite dello Spirito.
Antonella Sedda